lunedì 14 settembre 2015

Di tutto restano tre cose:
la certezza
che stiamo sempre iniziando,
la certezza
che abbiamo bisogno di continuare,
la certezza
che saremo interrotti prima di finire.
Pertanto, dobbiamo fare:
dell’interruzione,
un nuovo cammino,
della caduta,
un passo di danza,
della paura,
una scala,
del sogno,
un ponte,
del bisogno,
un incontro.
 
(Fernando Pessoa, "Restano tre cose")
Certo che ti farò del male.
Certo che me ne farai.
Certo che ce ne faremo.
Ma questa è la condizione stessa dell’esistenza.
Farsi primavera, significa accettare il rischio dell’inverno.
Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza.
 
(Antoine de Saint Exupéry, "Il Piccolo Principe") 

lunedì 18 maggio 2015

Non bene, si tollas proelia, durat amor.

Trad. it.:

L'amore non dura se togli ogni lotta.

(Publio Ovidio Nasone, "Amores", I, 8, 96)
 
 Nitimur in vetitum semper cupimusque negata.

Trad. it.:

Tendiamo sempre a ciò che è vietato e bramiamo ciò che ci viene negato.

(Publio Ovidio Nasone, "Amores", III, 4, 17)
 
Sic ego nec sine te nec tecum vivere possum.

Trad. it.:
Così non riesco a vivere né con te né senza di te

(Publio Ovidio Nasone, "Amores", III, 11b, 7).
 
Nec sine te, nec tecum vivere possum.
Trad. it.:
Né con te posso vivere, né senza di te.

(Publio Ovidio Nasone, "Amores", III, 11, 39)
 
Odero, si potero; si non, invitus amabo.

In italiano:
 
Ti odierò, se potrò; altrimenti ti amerò mio malgrado.

(Publio Ovidio Nasone, "Amores", III, 11b, 3)
For a long time it seemed to me that life was about to begin, real life.
But, there was always some obstacle in the way, something to be gotten through first,
some unfinished business, time still to be served or a debt to be paid. 
Then life would begin.
At last it dawned on me that there is no way to happiness.
Happiness is the way.
So treasure every moment that you have
and treasure it more because you share it with someone special,
someone special enough to spend your time with.
Make the most of your time.
Don’t waste too much of your time
studying, working, or stressing about something that seems important.
Do what you want to do to be happy
but also do what you can to make the people you care about happy.
Remember that time waits for no one.
So stop waiting until you take your last test,
until you finish school,
until you go back to school,
until you have the perfect body,
the perfect car, or whatever other perfect thing you desire.
Stop waiting until the weekend,
when you can party or let loose,
until summer,
until spring,
until fall
or until winter,
until you find the right person and get married,
until you die,
until your born again,
to decide that there is no better time than right now to be happy.
Happiness is a journey, not a destination.
 
(Father Alfred D’Souza, “Happiness is a journey”)
                                                     
Esistono rapporti inclassificabili. Non sono amore nè amicizia, sta a noi inventare una definizione. E io li chiamo tossici.
 
(da "Sogno di una notte di mezz'estate")
Ti cercherò sempre
sperando di non trovarti mai
mi hai detto all’ultimo congedo.
Non ti cercherò mai
sperando sempre di trovarti
ti ho risposto.
Al momento l’arguzia speculare
fu sublime
ma ogni giorno che passa
si rinsalda in me
un unico commento
ed il commento dice
due imbecilli.
 
(Michele Mari, “Cento poesia d’amore a Ladyhawk”, Einaudi, 2007)
Fedeli al duro accordo
non ci cerchiamo più.
Così i bambini giocano
a non ridere per primi
guardandosi negli occhi
e alcuni sono così bravi
che diventano tristi
per la vita intera.
 
(Michele Mari, “Cento poesia d’amore a Ladyhawk”, Einaudi, 2007)
Arrivati a questo punto
dicesti
o si va oltre
o non ci si vede mai più
Non capivi che il bello era proprio quel punto...

era rimanere
nel limbo delle cose sospese
nella tensione di un permanente principio
nel nascondiglio di una vita nell’altra
Così il mio contrappasso di pokerista
è stato perdere tutto
appena hai forzato la mano.

(Michele Mari, "Arrivati a questo punto", tratto da "Centro poesie d'amore per Ladyhawk", Einaudi, 2007)

venerdì 10 aprile 2015

Chissà cos'avrà voluto esprimere Pablo Neruda con questa poesia intitolata "Sabrás que no te amo y que te amo - Saprai che non t'amo e che t'amo". Forse la contraddittorietà dell'amore, come degli altri sentimenti. O, forse, che l'amore ha più vite, e che ci sono più vite per amare.

Sabrás que no te amo y que te amo
puesto que de dos modos es la vida,
la palabra es un ala del silencio,
el fuego tiene una mitad de frío.
Yo te amo para comenzar a amarte,
para recomenzar el infinito
y para no dejar de amarte nunca:
por eso no te amo todavía.
Te amo y no te amo como si tuviera
en mis manos las llaves de la dicha
y un incierto destino desdichado.
Mi amor tiene dos vidas para armarte.
Por eso te amo cuando no te amo
y por eso te amo cuando te amo
.


Traduzione in italiano:

Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.
Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.
T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.
Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo
.

A te che più volte mi hai dedicato questa poesia, tu, tu che, in quella delle mie vite, sei stata la mia gioia di vivere più intensa e la mia più profonda disperazione.

Cosa volevi dirmi? Forse che l'amore è fatto di amore ma anche di odio? Oppure che, a volte, capita che amavi odiarmi e odiavi amarmi?

Oggi che t’aspettavo non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,
la tua assenza che tumultuava,
nel vuoto che hai lasciato
come una stella.
Dice che non vuoi amarmi.
Quale un estivo temporale
S’annuncia e poi s’allontana,
così ti sei negata alla mia sete.
L’amore, sul nascere, ha di
questi improvvisi pentimenti.
Silenziosamente ci siamo intesi.
Amore, Amore, come sempre,
vorrei coprirti di fiori e d’insulti.
(Vincenzo Cardarelli, “Attesa”, 1958)

Ora, ora che la mia assenza appartiene alla tua e la tua assenza appartiene alla mia, ora che non esistiamo più, mi piace ricordarci dolceamaramente così, a volerci ricoprire "di fiori e di insulti". 

mercoledì 25 marzo 2015

Senza le nostre ferite dove sarebbe la nostra forza?

Questo si domanda lo scrittore Thornton Wilder.
La nostra forza è nelle nostre ferite.
E così, forse, come una fenice nasciamo (e rinasciamo) dalle nostre ceneri.

sabato 21 marzo 2015

Il libro che più amo di Franz Kafka è "Lettera al padre", perché, non so, mi ha toccato molto nel profondo sin dalle prime pagine. E lo consiglio per chi voglia scoprire alcuni retroscena di biografia familiare dell'autore, per capirne di più le opere letterarie.
Quando ho letto questo estratto da "La metamorfosi", però, ho trovato, all'improvviso, quella frase che cercavo da un po' e che, in poche parole, riassumesse la vita di molti, troppi:

"Per prima cosa, lui era terribilmente spaventato dalla morte perché non aveva ancora vissuto".

lunedì 16 marzo 2015

"E l’amore guardò il tempo e rise"




E l’amore guardò il tempo e rise,
perché sapeva di non averne bisogno.
Finse di morire per un giorno,
e di rifiorire alla sera,
senza leggi da rispettare.
Si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva.
Fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
il tempo moriva e lui restava.


(Luigi Pirandello, "L'amore e il tempo")


"L'amore si rinsecchisce, pensai tornando verso il bagno, anche più velocemente dello sperma" (Charles Bukowski, "L'amore è un cane che viene dall'inferno").

BUK in questo è maestro. Accostare  la poesia più lirica e sublime e la sessualità più sporca e animale. Elegia e idraulica.

E così, in questo accostamento di uguali e opposti, amore e sperma si mescolano e si confondono, come la tua pelle con la sua, nell'incontro dei corpi, "musica per organi caldi".

"Amatevi l'un l'altro, ma dell'amore non fatene un vincolo"

Un caro amico mi ha chiesto di recitare una preghiera o una poesia al suo matrimonio in chiesa.
Sorpreso dalla proposta inaspettata anche perché la richiesta veniva da una persona che ben conosce la mie tendenze agnostiche e scettiche anche sulla religione e sull'istituto del matrimonio.
Ho brancolato nel buio alla ricerca di un testo che fosse abbastanza laico da non farmi sentire venduto ai clericali recitando una testo liturgico ma, al contempo, con un quid spirituale e profondo, all'altezza dell'evento, impregnato di significato per la vita di chi ci crede. 
Uno scorcio di luce quando ho ricordato di aver letto, qualche anno addietro, quando ancora avevo un mio percorso di letture, Kahlil Gibran con il suo "Il Profeta".
 
E così, per una volta, ho trovato quello che stavo cercando:
"Allora Almitra di nuovo chiese: Che ne pensi del Matrimonio, Maestro?
Ed egli rispose:
 
Siete nati insieme, e insieme sarete per sempre.
Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
Sì, sarete insieme persino nella silenziosa memoria di Dio.
Ma lasciate che vi siano spazi nel vostro stare insieme.
E lasciate che i venti del cielo danzino tra voi.
 
Amatevi l'un l'altro, ma dell'amore non fatene un vincolo: lasciate piuttosto che vi sia un mare in movimento tra le sponde delle vostre anime.

Riempitevi reciprocamente la coppa, ma non bevete da una singola coppa.
Datevi l'un l'altro un po' del vostro pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta.
 
Cantate e danzate insieme e siate gioiosi, ma fate che ognuno di voi possa star solo,
come sole sono le corde del liuto sebbene vibrino della stessa musica.
 
Datevi il cuore, ma non per trattenervelo l'un l'altro.
Poiché solo la mano della Vita può contenere il vostro cuore.
 
E reggetevi insieme, senza però stare troppo vicini.
 
Perché le colonne del tempio sono collocate a una certa distanza,
e la quercia e il cipresso non crescono l'uno all'ombra dell'altro".
 
(testo tratto da Kahlil Gibran, "Il Profeta", Feltrinelli, 2009, trad. di Giovanna Francesca Brambilla)

venerdì 20 febbraio 2015

"Il mattino dopo il temporale"

Alessandro Baricco non ha bisogno di presentazioni, la sua prosa scorre, scorre e vola, scorrevole.
Uno dei migliori frammenti di "Seta", in cui descrive la vita che non cede alla disperazione.
"Poiché la disperazione era un eccesso che non gli apparteneva, si chinò su quanto era rimasto della sua vita, e riniziò a prendersene cura, con l'incrollabile tenacia di un giardiniere al lavoro, il mattino dopo il temporale" (Alessandro Baricco, "Seta").

"Io sono sempre io e tu sei sempre tu"

La preghiera di Sant'Agostino, l'ha postata un amico in occasione dell'anniversario della morte di suo papà. Magari rinnovo ferite, magari sono il solito thanato-filo, ma mi piaceva e così ho deciso di condividerla.
"La morte non è niente. Sono solamente passato dall'altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace".

"Incredibile come il dolore dell'anima non venga capito"

Un altro bel frammento della prosa Fallaci, su un tema non facile come il dolore dell'anima.
"Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti senti ingannato, beffato, umiliato. La vittima d'una ingiustizia che non t'aspettavi, d'un fallimento che non meritavi. Ti senti anche offeso, ridicolo, sicché a volte cerchi la vendetta. Scelta che può dare un po' di sollievo, ammettiamolo, ma che di rado s'accompagna alla gioia e che spesso costa più del perdono. (...) Incredibile come il dolore dell'anima non venga capito. Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine. Se hai il cuore pezzi e sei così disperato che non ti riesce aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell'anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia. Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare" (Oriana Fallaci, "Un cappello pieno di ciliege").

Panta rei, ovvero "non potresti entrare due volte nello stesso fiume"

Pánta rêi (in greco πάντα ῥεῖ), che di solito traduciamo con “tutto scorre”. Il “Divenire” di Eraclito, come contrapposto allo “Essere” di Parmenide. Essere, statico e immutato, o divenire, dinamico e mutevole? Il fatto è che non abbiamo scelta in questo grande fiume che è la vita.
L’attribuzione verrebbe dal Cratilo di Platone dove si trova scritto: «Dice Eraclito "che tutto si muove e nulla sta fermo" e confrontando gli esseri alla corrente di un fiume, dice che "non potresti entrare due volte nello stesso fiume"».
Ebbene sì, è così. Gli esseri (umani, in primis) sono come la corrente di un fiume, non entriamo nello stesso fiume due volte, non incontriamo la stessa persona due volte. Così con gli ama(-n-)ti, così con gli amici, così con gli altri, così con tutti.
Siamo diversi noi, sono diversi loro.
E così finisci per trovarti nel letto un estraneo e in cucina una sconosciuta.
Oppure ti senti straniero a casa. 

Possiamo fingere che non sia così, possiamo mettere argini ai fiumi o canalizzarli, possiamo legarli a noi, possiamo incatenarli, ma il cambiamento - se deve accadere - arriva e cambia le cose, le persone, cambia tutto e, a volte, lo stravolge e sconvolge.
Matrimoni e altri sequestri di persona non cambiano la natura delle cose.
Tranquilli, però. Per dirla alla Antoine-Laurent de Lavoisier, con la sua legge della conservazione della massa, «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».
E così poi c'è la bellezza del re-incontrarsi, del ri-trovarsi, diversi ma ancora affini, simili, i nostri simili, perché simile chiama simile, così come uguale chiama diverso.

"Serve una vita per diventare se stessi, anno dopo anno"

Non avrei mai pensato di citare Daria Bignardi, né tantomeno una sua intervista su Vanity Fair.
E invece, come si dice, nella vita “mai dire mai”.
O, forse, è solo che sono di mentalità aperta, open-minded, come dicono gli inglesi (da open-mindfulness, cioè, appunto, apertura mentale).
Un augurio per il 2015, una citazione che mi ha colpito sin da subito, folgorato, e che credo sia unisex, anche se il riferimento - chiaramente data l’intervistata - è alle esponenti della categoria “donna”:wink emotico
Ogni anno sto un po’ meglio del precedente. È la fortuna di avere avuto un carattere attorcigliato e una giovinezza inquieta: si può solo migliorare, il peggio probabilmente è passato. L’età rende più saggi e pazienti, meno assolutisti, meno perfezionisti. Si impara a prendere le cose come vengono, non fare progetti a lungo termine, non aspettarsi troppo, non indulgere in pensieri ed emozioni negative. Soprattutto, si impara ad essere se stessi, e al diavolo quel che pensano gli altri.
Le donne, in particolare, imparano col tempo a essere meno doveristiche, a non anteporre sempre il dovere al piacere.
(…)
Ecco cosa mi auguro per il 2015: continuare a essere me stessa. La conquista della propria identità non è una faccenda da adolescenti: ci si dà fiducia solo se si è passati attraverso molte prove, si ha costruito e distrutto, lavorato, faticato, si è stati esaltati e delusi, si ha vinto e si ha perso. Serve una vita per diventare se stessi, anno dopo anno".

sabato 31 gennaio 2015

"L’isolato non sopravvive; extra Ecclesia nulla salus"

Ho trovato una perla in un mare di carta, spulciando in una biblioteca privata, senza permesso.
Una riflessione acuta su tematiche che, negli stessi anni, stava affrontando anche Eric Fromm in capolavori del libero pensiero e della sociologia come "Fuga dalla libertà".
Qui, invece, Franco Cordero, noto giurista e scrittore italiano, cerca di sondare il tema della fenomenologia e genesi delle norme e della loro osservanza, in un libro emblematicamente intitolato "Gli osservanti", edito per la prima volta nel '67, ad un passo dall'esplosione del movimento sessantottino.
L'individuo, da una parte, singolarmente considerato (uti singulis), e, dall'altra, la comunità (ecclesia), e l'omologazione, l'uniformarsi al gruppo, come (razionale) strategia di sopravvivenza. Buona lettura!

Gli antropologi hanno scovato l’interesse privato dove una tendenza irrazionalistica e semplificatrice vede soltanto istinto gregario (la cosiddetta group fallacy); dietro la facciata del comunismo primitivo un brulichio di appetiti; sotto la cortina di automatismo istintivo, come nell’arnia o nel termitaio, un apparato costruito sulla reciprocità dei servizi e quindi sul gioco degli egoismi. Persino il mimetismo, la dedizione esclusiva al gruppo, l’inerzia, il misoneismo, la tendenza regressiva a smarrire la propria persona, la repressione di ogni diseguaglianza, sino a predisporre meccanismi di garanzia della mediocrità, tradiscono mosse raziocinate: l’isolato non sopravvive; extra Ecclesia nulla salus; guai alienarsi le forze benefiche che garantiscono pioggia e raccolto; il tal gesto suscita la collera degli antenati; pericoloso stregone chi fa cose non previste dal canone; carestia se non vi disfate dei bambini a cui gli incisivi superiori sono spuntati per primi. Tipico esempio di orrore della solitudine la reazione alla scomunica per debiti nella Franca Contea. Insomma, atteggiamenti meno irrazionali di quanto si creda. La differenza rispetto al modello dell’uomo ragionevole non sta nel fatto che gl altri non ragionino ma nella diversità delle premesse ossia delle rispettive teorie del mondo(estratta da F. Cordero, “Gli osservanti. Fenomenologia delle norme”, Giuffré, 1967, p. 3).

martedì 27 gennaio 2015

"Io mi diverto ad avere trent'anni" - Una stupenda decade della nostra vita

E siamo al secondo amico e coetaneo che si avvia a compiere trent'anni. Ebbene sì, quest'anno siamo predestinati agli "-Enta", che tanto spaventano, come spaventavano il quarto di secolo e la profezia Maya, o di Nostradamus che sia, per l'approdo agli anni 2000. Compiendo gli anni a fine anno, per me è ancora un traguardo lontano, per cui non ci penso su di me.
Al primo ho detto che gli "-Enta" hanno pure il suffisso "-ens" del participio presente latino del verso "essere" (lat. "esse"), per cui è un doppio lustro in cui possiamo essere chi siamo e non limitarci ad apparire, a fare o ad avere.
Al secondo, invece, e a voi che avete già saltato o state per saltare across the yellow line, regalo un frammento illuminante della Fallaci che ci ricorda che il mondo non finisce -anzi, semmai, iniza- a trent'anni, una stupenda decade della nostra vita:
 
"Io mi diverto ad avere trent'anni, io me li bevo come un liquore i trent'anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee: sono stupendi i trent'anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l'angoscia dell'attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent'anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c'è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell'olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a trent'anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po' ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna: e allora com'è che in voi non è così? Com'è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v'hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d'essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev'esser così" (Oriana Fallaci, "Se il Sole muore", Rizzoli 1965).

sabato 24 gennaio 2015

lunedì 5 gennaio 2015

"Se niente ci salva dalla morte, che almeno l'amore ci salvi dalla vita"

"Si nada nos salva de la muerte, al menos que el amor nos salve de la vida", tradotto in italiano, "Se niente ci salva dalla morte, che almeno l'amore ci salvi dalla vita".



Frase attribuita a Pablo Neruda (Parral, 12 luglio 1904 - Santiago del Cile, 23 settembre 1973), poeta sudamericano che non credo abbia bisogno di presentazione, divenuta famosa anche per la propagazione che ne ha fatto il Movimento di Azione Poetica spagnolo.
Il tema della salvezza, dell'amore salvifico mi ha sempre attratto. Questa frase mi è sembrata da subito essenziale, un periodo ipotetico ed uno principale. Ma in sé reca tutto. Una cosa è certa, che tutti sanno più o meno consapevolmente: niente ci può salvare dalla morte. Ma dalla vita chi ci salva? Chi, o cosa, ci può salvare dalla vita? Ci hai mai pensato? L'amore? Beh, forse, sì, almeno secondo quanto sembrerebbe suggerire Neruda.

domenica 4 gennaio 2015

"Se niente è per sempre, ti chiedo di essere il mio niente"

"Si nada es para siempre, yo te invito a ser mi nada", in italiano "Se niente è per sempre, ti chiedo di essere il mio niente".

Frase scritta, incisa sui muri da Acción Poética, il movimento o, più che movimento, il "fenómeno mural-literario" come è stato definito, nato a Monterrey, Nuevo León, stato della parte nord-orientale del Messico, con come fondatore il poeta Armando Alanis Pulido.
I "fragmentos de poesia", come vengono chiamati in gergo, sono per lo più scritti con spesse pennellate di vernice scura su sfondo bianco, essenziali, scheletrici, ma efficaci.
Non citano, mai, il nome dell'autore, ma si limitano a virgolettare le citazioni, senza mettere tra parentesi il nome dell'autore. Perché, dicono, conta la poesia, non l'autore.
Per la gran parte, comunque, sono frammenti poetici nemmeno virgolettati perché anonimi. "Anonimo" infatti è il poeta più conosciuto e più letto, preferito da sempre, da tutti.
La frase che intitola questo post non era nemmeno virgolettata, per cui ringraziamo Anonimo anche questa volta per la perla.
Il movimento ora vanta, oltreché un sito ufficiale, una pagina Wikipedia in spagnolo, un profilo Twitter e, ancor meglio, profili su Tumblr e su Instagram che propagano nell'etere le foto della street poetry.
Da non molto è nato anche il movimento italiano, Acción Poética Italia, che ora ha anche una pagina ufficiale su Facebook.

"La vita non è un avere e un prendere, ma un essere e un diventare"

"La vita non è un avere e un prendere, ma un essere e un diventare" (Myrna Loy, attrice statunitense, 2 agosto 1905 - 14 dicembre 1993)