venerdì 20 febbraio 2015

"Il mattino dopo il temporale"

Alessandro Baricco non ha bisogno di presentazioni, la sua prosa scorre, scorre e vola, scorrevole.
Uno dei migliori frammenti di "Seta", in cui descrive la vita che non cede alla disperazione.
"Poiché la disperazione era un eccesso che non gli apparteneva, si chinò su quanto era rimasto della sua vita, e riniziò a prendersene cura, con l'incrollabile tenacia di un giardiniere al lavoro, il mattino dopo il temporale" (Alessandro Baricco, "Seta").

"Io sono sempre io e tu sei sempre tu"

La preghiera di Sant'Agostino, l'ha postata un amico in occasione dell'anniversario della morte di suo papà. Magari rinnovo ferite, magari sono il solito thanato-filo, ma mi piaceva e così ho deciso di condividerla.
"La morte non è niente. Sono solamente passato dall'altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace".

"Incredibile come il dolore dell'anima non venga capito"

Un altro bel frammento della prosa Fallaci, su un tema non facile come il dolore dell'anima.
"Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti senti ingannato, beffato, umiliato. La vittima d'una ingiustizia che non t'aspettavi, d'un fallimento che non meritavi. Ti senti anche offeso, ridicolo, sicché a volte cerchi la vendetta. Scelta che può dare un po' di sollievo, ammettiamolo, ma che di rado s'accompagna alla gioia e che spesso costa più del perdono. (...) Incredibile come il dolore dell'anima non venga capito. Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine. Se hai il cuore pezzi e sei così disperato che non ti riesce aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell'anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia. Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare" (Oriana Fallaci, "Un cappello pieno di ciliege").

Panta rei, ovvero "non potresti entrare due volte nello stesso fiume"

Pánta rêi (in greco πάντα ῥεῖ), che di solito traduciamo con “tutto scorre”. Il “Divenire” di Eraclito, come contrapposto allo “Essere” di Parmenide. Essere, statico e immutato, o divenire, dinamico e mutevole? Il fatto è che non abbiamo scelta in questo grande fiume che è la vita.
L’attribuzione verrebbe dal Cratilo di Platone dove si trova scritto: «Dice Eraclito "che tutto si muove e nulla sta fermo" e confrontando gli esseri alla corrente di un fiume, dice che "non potresti entrare due volte nello stesso fiume"».
Ebbene sì, è così. Gli esseri (umani, in primis) sono come la corrente di un fiume, non entriamo nello stesso fiume due volte, non incontriamo la stessa persona due volte. Così con gli ama(-n-)ti, così con gli amici, così con gli altri, così con tutti.
Siamo diversi noi, sono diversi loro.
E così finisci per trovarti nel letto un estraneo e in cucina una sconosciuta.
Oppure ti senti straniero a casa. 

Possiamo fingere che non sia così, possiamo mettere argini ai fiumi o canalizzarli, possiamo legarli a noi, possiamo incatenarli, ma il cambiamento - se deve accadere - arriva e cambia le cose, le persone, cambia tutto e, a volte, lo stravolge e sconvolge.
Matrimoni e altri sequestri di persona non cambiano la natura delle cose.
Tranquilli, però. Per dirla alla Antoine-Laurent de Lavoisier, con la sua legge della conservazione della massa, «Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».
E così poi c'è la bellezza del re-incontrarsi, del ri-trovarsi, diversi ma ancora affini, simili, i nostri simili, perché simile chiama simile, così come uguale chiama diverso.

"Serve una vita per diventare se stessi, anno dopo anno"

Non avrei mai pensato di citare Daria Bignardi, né tantomeno una sua intervista su Vanity Fair.
E invece, come si dice, nella vita “mai dire mai”.
O, forse, è solo che sono di mentalità aperta, open-minded, come dicono gli inglesi (da open-mindfulness, cioè, appunto, apertura mentale).
Un augurio per il 2015, una citazione che mi ha colpito sin da subito, folgorato, e che credo sia unisex, anche se il riferimento - chiaramente data l’intervistata - è alle esponenti della categoria “donna”:wink emotico
Ogni anno sto un po’ meglio del precedente. È la fortuna di avere avuto un carattere attorcigliato e una giovinezza inquieta: si può solo migliorare, il peggio probabilmente è passato. L’età rende più saggi e pazienti, meno assolutisti, meno perfezionisti. Si impara a prendere le cose come vengono, non fare progetti a lungo termine, non aspettarsi troppo, non indulgere in pensieri ed emozioni negative. Soprattutto, si impara ad essere se stessi, e al diavolo quel che pensano gli altri.
Le donne, in particolare, imparano col tempo a essere meno doveristiche, a non anteporre sempre il dovere al piacere.
(…)
Ecco cosa mi auguro per il 2015: continuare a essere me stessa. La conquista della propria identità non è una faccenda da adolescenti: ci si dà fiducia solo se si è passati attraverso molte prove, si ha costruito e distrutto, lavorato, faticato, si è stati esaltati e delusi, si ha vinto e si ha perso. Serve una vita per diventare se stessi, anno dopo anno".