sabato 31 gennaio 2015

"L’isolato non sopravvive; extra Ecclesia nulla salus"

Ho trovato una perla in un mare di carta, spulciando in una biblioteca privata, senza permesso.
Una riflessione acuta su tematiche che, negli stessi anni, stava affrontando anche Eric Fromm in capolavori del libero pensiero e della sociologia come "Fuga dalla libertà".
Qui, invece, Franco Cordero, noto giurista e scrittore italiano, cerca di sondare il tema della fenomenologia e genesi delle norme e della loro osservanza, in un libro emblematicamente intitolato "Gli osservanti", edito per la prima volta nel '67, ad un passo dall'esplosione del movimento sessantottino.
L'individuo, da una parte, singolarmente considerato (uti singulis), e, dall'altra, la comunità (ecclesia), e l'omologazione, l'uniformarsi al gruppo, come (razionale) strategia di sopravvivenza. Buona lettura!

Gli antropologi hanno scovato l’interesse privato dove una tendenza irrazionalistica e semplificatrice vede soltanto istinto gregario (la cosiddetta group fallacy); dietro la facciata del comunismo primitivo un brulichio di appetiti; sotto la cortina di automatismo istintivo, come nell’arnia o nel termitaio, un apparato costruito sulla reciprocità dei servizi e quindi sul gioco degli egoismi. Persino il mimetismo, la dedizione esclusiva al gruppo, l’inerzia, il misoneismo, la tendenza regressiva a smarrire la propria persona, la repressione di ogni diseguaglianza, sino a predisporre meccanismi di garanzia della mediocrità, tradiscono mosse raziocinate: l’isolato non sopravvive; extra Ecclesia nulla salus; guai alienarsi le forze benefiche che garantiscono pioggia e raccolto; il tal gesto suscita la collera degli antenati; pericoloso stregone chi fa cose non previste dal canone; carestia se non vi disfate dei bambini a cui gli incisivi superiori sono spuntati per primi. Tipico esempio di orrore della solitudine la reazione alla scomunica per debiti nella Franca Contea. Insomma, atteggiamenti meno irrazionali di quanto si creda. La differenza rispetto al modello dell’uomo ragionevole non sta nel fatto che gl altri non ragionino ma nella diversità delle premesse ossia delle rispettive teorie del mondo(estratta da F. Cordero, “Gli osservanti. Fenomenologia delle norme”, Giuffré, 1967, p. 3).

martedì 27 gennaio 2015

"Io mi diverto ad avere trent'anni" - Una stupenda decade della nostra vita

E siamo al secondo amico e coetaneo che si avvia a compiere trent'anni. Ebbene sì, quest'anno siamo predestinati agli "-Enta", che tanto spaventano, come spaventavano il quarto di secolo e la profezia Maya, o di Nostradamus che sia, per l'approdo agli anni 2000. Compiendo gli anni a fine anno, per me è ancora un traguardo lontano, per cui non ci penso su di me.
Al primo ho detto che gli "-Enta" hanno pure il suffisso "-ens" del participio presente latino del verso "essere" (lat. "esse"), per cui è un doppio lustro in cui possiamo essere chi siamo e non limitarci ad apparire, a fare o ad avere.
Al secondo, invece, e a voi che avete già saltato o state per saltare across the yellow line, regalo un frammento illuminante della Fallaci che ci ricorda che il mondo non finisce -anzi, semmai, iniza- a trent'anni, una stupenda decade della nostra vita:
 
"Io mi diverto ad avere trent'anni, io me li bevo come un liquore i trent'anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee: sono stupendi i trent'anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l'angoscia dell'attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent'anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c'è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell'olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a trent'anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po' ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna: e allora com'è che in voi non è così? Com'è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v'hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d'essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev'esser così" (Oriana Fallaci, "Se il Sole muore", Rizzoli 1965).

sabato 24 gennaio 2015

lunedì 5 gennaio 2015

"Se niente ci salva dalla morte, che almeno l'amore ci salvi dalla vita"

"Si nada nos salva de la muerte, al menos que el amor nos salve de la vida", tradotto in italiano, "Se niente ci salva dalla morte, che almeno l'amore ci salvi dalla vita".



Frase attribuita a Pablo Neruda (Parral, 12 luglio 1904 - Santiago del Cile, 23 settembre 1973), poeta sudamericano che non credo abbia bisogno di presentazione, divenuta famosa anche per la propagazione che ne ha fatto il Movimento di Azione Poetica spagnolo.
Il tema della salvezza, dell'amore salvifico mi ha sempre attratto. Questa frase mi è sembrata da subito essenziale, un periodo ipotetico ed uno principale. Ma in sé reca tutto. Una cosa è certa, che tutti sanno più o meno consapevolmente: niente ci può salvare dalla morte. Ma dalla vita chi ci salva? Chi, o cosa, ci può salvare dalla vita? Ci hai mai pensato? L'amore? Beh, forse, sì, almeno secondo quanto sembrerebbe suggerire Neruda.

domenica 4 gennaio 2015

"Se niente è per sempre, ti chiedo di essere il mio niente"

"Si nada es para siempre, yo te invito a ser mi nada", in italiano "Se niente è per sempre, ti chiedo di essere il mio niente".

Frase scritta, incisa sui muri da Acción Poética, il movimento o, più che movimento, il "fenómeno mural-literario" come è stato definito, nato a Monterrey, Nuevo León, stato della parte nord-orientale del Messico, con come fondatore il poeta Armando Alanis Pulido.
I "fragmentos de poesia", come vengono chiamati in gergo, sono per lo più scritti con spesse pennellate di vernice scura su sfondo bianco, essenziali, scheletrici, ma efficaci.
Non citano, mai, il nome dell'autore, ma si limitano a virgolettare le citazioni, senza mettere tra parentesi il nome dell'autore. Perché, dicono, conta la poesia, non l'autore.
Per la gran parte, comunque, sono frammenti poetici nemmeno virgolettati perché anonimi. "Anonimo" infatti è il poeta più conosciuto e più letto, preferito da sempre, da tutti.
La frase che intitola questo post non era nemmeno virgolettata, per cui ringraziamo Anonimo anche questa volta per la perla.
Il movimento ora vanta, oltreché un sito ufficiale, una pagina Wikipedia in spagnolo, un profilo Twitter e, ancor meglio, profili su Tumblr e su Instagram che propagano nell'etere le foto della street poetry.
Da non molto è nato anche il movimento italiano, Acción Poética Italia, che ora ha anche una pagina ufficiale su Facebook.

"La vita non è un avere e un prendere, ma un essere e un diventare"

"La vita non è un avere e un prendere, ma un essere e un diventare" (Myrna Loy, attrice statunitense, 2 agosto 1905 - 14 dicembre 1993)