mercoledì 25 marzo 2015

Senza le nostre ferite dove sarebbe la nostra forza?

Questo si domanda lo scrittore Thornton Wilder.
La nostra forza è nelle nostre ferite.
E così, forse, come una fenice nasciamo (e rinasciamo) dalle nostre ceneri.

sabato 21 marzo 2015

Il libro che più amo di Franz Kafka è "Lettera al padre", perché, non so, mi ha toccato molto nel profondo sin dalle prime pagine. E lo consiglio per chi voglia scoprire alcuni retroscena di biografia familiare dell'autore, per capirne di più le opere letterarie.
Quando ho letto questo estratto da "La metamorfosi", però, ho trovato, all'improvviso, quella frase che cercavo da un po' e che, in poche parole, riassumesse la vita di molti, troppi:

"Per prima cosa, lui era terribilmente spaventato dalla morte perché non aveva ancora vissuto".

lunedì 16 marzo 2015

"E l’amore guardò il tempo e rise"




E l’amore guardò il tempo e rise,
perché sapeva di non averne bisogno.
Finse di morire per un giorno,
e di rifiorire alla sera,
senza leggi da rispettare.
Si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva.
Fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
il tempo moriva e lui restava.


(Luigi Pirandello, "L'amore e il tempo")


"L'amore si rinsecchisce, pensai tornando verso il bagno, anche più velocemente dello sperma" (Charles Bukowski, "L'amore è un cane che viene dall'inferno").

BUK in questo è maestro. Accostare  la poesia più lirica e sublime e la sessualità più sporca e animale. Elegia e idraulica.

E così, in questo accostamento di uguali e opposti, amore e sperma si mescolano e si confondono, come la tua pelle con la sua, nell'incontro dei corpi, "musica per organi caldi".

"Amatevi l'un l'altro, ma dell'amore non fatene un vincolo"

Un caro amico mi ha chiesto di recitare una preghiera o una poesia al suo matrimonio in chiesa.
Sorpreso dalla proposta inaspettata anche perché la richiesta veniva da una persona che ben conosce la mie tendenze agnostiche e scettiche anche sulla religione e sull'istituto del matrimonio.
Ho brancolato nel buio alla ricerca di un testo che fosse abbastanza laico da non farmi sentire venduto ai clericali recitando una testo liturgico ma, al contempo, con un quid spirituale e profondo, all'altezza dell'evento, impregnato di significato per la vita di chi ci crede. 
Uno scorcio di luce quando ho ricordato di aver letto, qualche anno addietro, quando ancora avevo un mio percorso di letture, Kahlil Gibran con il suo "Il Profeta".
 
E così, per una volta, ho trovato quello che stavo cercando:
"Allora Almitra di nuovo chiese: Che ne pensi del Matrimonio, Maestro?
Ed egli rispose:
 
Siete nati insieme, e insieme sarete per sempre.
Voi sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni.
Sì, sarete insieme persino nella silenziosa memoria di Dio.
Ma lasciate che vi siano spazi nel vostro stare insieme.
E lasciate che i venti del cielo danzino tra voi.
 
Amatevi l'un l'altro, ma dell'amore non fatene un vincolo: lasciate piuttosto che vi sia un mare in movimento tra le sponde delle vostre anime.

Riempitevi reciprocamente la coppa, ma non bevete da una singola coppa.
Datevi l'un l'altro un po' del vostro pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta.
 
Cantate e danzate insieme e siate gioiosi, ma fate che ognuno di voi possa star solo,
come sole sono le corde del liuto sebbene vibrino della stessa musica.
 
Datevi il cuore, ma non per trattenervelo l'un l'altro.
Poiché solo la mano della Vita può contenere il vostro cuore.
 
E reggetevi insieme, senza però stare troppo vicini.
 
Perché le colonne del tempio sono collocate a una certa distanza,
e la quercia e il cipresso non crescono l'uno all'ombra dell'altro".
 
(testo tratto da Kahlil Gibran, "Il Profeta", Feltrinelli, 2009, trad. di Giovanna Francesca Brambilla)